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IL RIPOSO
DI MARIA
I resti della Basilica bizantina del Katisma,
riportati alla luce tra Gerusalemme e Betlemme dall'Autorità israeliana per le
antichità, confermano un'antica tradizione, custodita dalla Chiesa di Gerusalemme fin dai
primi secoli. di Gianni Valente |
È
proprio una storia di queste parti. Un campo di olivi arato da un bulldozer israeliano,
vicino al monastero ortodosso di Sant'Elia, in una striscia di terra contesa dai due
popoli che abitano qui. La ruspa israeliana già quattro anni fa, mentre si lavorava per
allargare la strada che da Gerusalemme porta a Betlemme, era inciampata nei primi mosaici
e nei resti di un'antichissima Basilica bizantina. Poi altre ruspe hanno continuato ad
aprire ferite nel campo per far arrivare l'acqua al nuovo quartiere di Har Choma, uno di
quegli insediamenti israeliani nelle terre occupate che ogni tanto si aprono come tranelli
sul percorso del processo di pace. È così che, scavando scavando, è stato chiaro a
tutti che questa odierna vicenda di cantieri e di sassaiole, di coloni e di territori
contesi aveva incrociato, come spesso accade in queste contrade, qualcosa che aveva a che
fare con un'altra storia. La storia di una ragazzina ebrea di Nazareth, del suo sposo, di
un bambino che stava per nascere, di un censimento voluto dall'imperatore di Roma, di un
viaggio a groppa d'asino dalla lontana Galilea fino a Betlemme, di una notte fredda in cui
non si trovava posto negli alberghi, quando si compirono per lei i giorni del parto.
Insomma, un'altra storia di queste parti.
Madonna col Bambino, icona del VI-VII secolo, monastero di Santa Caterina sul monte Sinai |
I
resti della Basilica bizantina del Katisma, riportati alla luce a metà strada
tra Betlemme e Gerusalemme dalle recenti campagne di scavi dell'Autorità israeliana per
le antichità, confermano col riscontro dell'archeologia un'antica tradizione, custodita e
celebrata dalla Chiesa di Gerusalemme fin dai primi secoli, registrata anche nelle
testimonianze dei primi pellegrini che si recavano in Palestina per venerare i luoghi
santi. Katisma in greco significa "posto a sedere". La Basilica,
secondo le fonti concordanti, era stata edificata dai bizantini a tre miglia da Betlemme,
attorno alla roccia su cui la Madonna si era seduta per riposarsi, ai primi fremiti del
parto, prima di raggiungere Betlemme. Gli archeologi hanno anche individuato la roccia al
centro del perimetro ottagonale della Basilica, in leggero rilievo rispetto alla
superficie circostante.
Una
traccia sbiadita dell'episodio legato a questo luogo è rimasta fino ad oggi nel suo
attuale nome arabo, Bir-el Quadismu (pozzo del riposo), che rimanda all'espressione greca Katisma.
Ma anche le fonti storiche e letterarie e le tradizioni liturgiche attestano che fin dai
primi tempi le comunità cristiane di quelle parti, nelle loro liturgie, hanno fatto
memoria dell'umanissimo gesto della partoriente affaticata e del suo sposo e custode,
ricordando la loro breve sosta di ristoro poco prima della nascita nel tempo dell'eterno
Figlio di Dio. Quando l'Invisibile, attraverso un parto mirabile, si è reso
visibile per la prima volta agli occhi stupiti di Maria e di Giuseppe.
Salmo 131: "Ricordati
Signore di David..."
L'episodio del riposo di Maria non è riportato nei sobri racconti della
natività dei Vangeli di Luca e di Matteo. Ne parla invece il protovangelo di Giacomo, un
prezioso testo giudeo-cristiano del II secolo, che ha influenzato grandemente la liturgia,
l'arte e la devozione soprattutto delle comunità cristiane orientali. I vangeli apocrifi
forniscono una versione più ricca e dettagliata di episodi della vita di Gesù e della
santa famiglia che i testi canonici si limitano a citare solo per cenni di memoria. In
fondo, fra i quattro Vangeli canonici e gli apocrifi si nota la stessa differenza che
passa tra memoria e curiosità. (E il semplice fedele sa per esperienza
che solo la memoria corrisponde veramente all'attesa del cuore... "Jesu dulcis
memoria dans vera cordis gaudia").
Comunque,
accanto a racconti partoriti dalla fantasia e a vere e proprie contaminazioni fuorvianti
(come quelle alla base dei vangeli gnostici), gli scritti apocrifi conservano anche un
legame reale e autentico con antiche tradizioni dell'annuncio cristiano. Lo prova il fatto
che aspetti della vita di Gesù e di Maria, celebrati dalla liturgia, hanno come fonte
principale un vangelo apocrifo. Dagli apocrifi abbiamo conosciuto i nomi dei genitori di
Maria, Gioacchino ed Anna, venerati dalla Chiesa come santi (il 26 luglio); la
presentazione di Maria al Tempio (ricordata dalla liturgia il 21 novembre); i nomi dei tre
re Magi e dei due ladroni crocifissi con Gesù, Disma e Gesta.
Il sogno di Giuseppe e il viaggio verso Betlemme. Pannello di avorio del seggio vescovile di Massimiano (Costantinopoli, VI secolo), Museo arcivescovile di Ravenna |
Anche
il brano del protovangelo di Giacomo, nel raccontare il viaggio di Maria e Giuseppe, non
contraddice i pochi cenni contenuti nei Vangeli di Luca e di Matteo, ma aggiunge dei
particolari: "Or venne un ordine dall'imperatore Augusto che fossero censiti tutti
gli abitanti di Betlemme di Giudea. [...] Giuseppe sellò l'asina e vi fece sedere Maria
[...]. Quando furono a tre miglia di distanza, Giuseppe si voltò e vedendola triste disse
tra sé: "Probabilmente quello che è in lei la fa star male". E un'altra volta
si voltò Giuseppe e vide che essa rideva. Allora le disse: "Maria cos'hai, che vedo
il tuo viso ora ridente ora accigliato?". E disse Maria a Giuseppe: "È perché
vedo con i miei occhi due popoli: uno che piange e si batte il petto, l'altro che è lieto
ed esulta". Giunti a metà del cammino, Maria gli disse: "Calami giù dalla
ciuca, perché quello che è in me mi fa forza per venire alla luce". Egli la fece
scendere dall'asina e disse: "Dove ti condurrò per nascondere questa tua
sconvenienza? Qui il luogo è deserto". Ma trovò là una grotta e ve la condusse
dentro".
La
tradizione ecclesiastica, fin dall'inizio, non ha seguito il vangelo apocrifo nella
collocazione della grotta della natività lungo la strada tra Gerusalemme e Betlemme. Già
ai tempi di Giustino e Origene è ben salda l'identificazione del luogo del parto proprio
a Betlemme. Invece fin dall'inizio la liturgia della Chiesa di Gerusalemme ha trattenuto
la memoria della sosta di ristoro di Maria e Giuseppe, con una festa mariana riferita alla
sosta al terzo miglio della strada tra Gerusalemme e Betlemme e registrata già dai più
antichi calendari liturgici della Chiesa di Gerusalemme.
Nel
lezionario armeno di Gerusalemme, che vien fatto risalire ai primi decenni del V secolo,
si ha la fortuna di possedere un antico memoriale delle liturgie che si tenevano a
Gerusalemme nei luoghi santi della vita di Cristo, dove è indicato il giorno del mese, la
lettura del giorno e il salmo proprio delle feste e memorie. Nel lezionario, il terzo
miglio da Betlemme è indicato come luogo ricordato e celebrato nella più antica festa
della Chiesa di Gerusalemme in onore della Madonna, il giorno del 15 agosto. Le letture
previste in quella festa erano il passo in cui Isaia profetizzava la natività ("La
vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele", Is
7, 10-16), un passo della lettera ai Galati sul Figlio di Dio nato nel tempo "da
donna" (Gal 3, 29-4, 7), e il racconto evangelico del viaggio di Maria e
Giuseppe da Nazareth a Betlemme (Lc 2, 1-7). I salmi tra una lettura e l'altra
erano scelti per la loro potenziale forza di allusione al riposo di Maria, seduta sulla
pietra: erano il salmo 131 ("Alzati, Signore, verso il luogo del tuo riposo, tu e
l'arca della tua potenza") e il 109 ("Oracolo del Signore al mio Signore: siedi
alla mia destra").
Intorno
al V secolo, quando il 15 agosto fu scelto per la festa della dormizione, ovvero
dell'assunzione di Maria alla gloria del paradiso, celebrata a Gerusalemme nel santuario
del Getsemani, la festa del Katisma venne anticipata al 13 del mese. Il
calendario liturgico georgiano-palestinese, che rappresenta lo sviluppo di quello
armeno-palestinese fino al X secolo e riprende nella sua parte essenziale il santorale
gerosolimitano prebizantino, cita due volte il luogo del Katisma, al terzo miglio
da Betlemme: il 13 agosto, giorno della festa in onore della Madre di Dio, e il 2
dicembre, giorno della dedicazione della chiesa sorta in quel luogo. Indizio certo che
ormai sul luogo del riposo di Maria era stata costruita una basilica dedicata alla Madre
di Dio.
Il patriarca greco-ortodosso Diodoros I indica il luogo dove è stato ritrovato il Santo Seggio |
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Efeso, Roma,
Gerusalemme
La prima conferma dell'esistenza della chiesa del Katisma nelle
fonti letterarie è contenuta nella Vita di san Teodosio il cenobiarca, scritta
da Teodoro di Petra intorno al 450. Secondo il racconto del suo biografo, il cenobita
Teodosio aveva lasciato la Cappadocia per Gerusalemme, e "su consiglio del suo
maestro egli passò in quello che si chiama il vecchio Katisma, situato presso la
strada di Betlemme, al seguito di una pia matrona cristiana di nome Ikelia, la quale,
moglie del governatore, era divenuta in seguito diaconessa di Cristo, ricca di fama
mondana ma più ricca ancora di una condotta santa secondo Cristo. Fu essa, si dice, a
costruire in questo luogo la chiesa in onore dell'Immacolata Madre di Dio e sempre Vergine
Maria, al tempo del beato vescovo Giovenale". Anche Cirillo di Scitopoli, un altro
biografo di san Teodosio, nella sua opera parla di una "beata e santa Ikelia che
stava costruendo allora la chiesa del Katisma". La datazione dei due
scritti, il riferimento all'episcopato di Giovenale (che fu vescovo a Gerusalemme dal 422
al 458) e la dedicazione della Basilica a Maria Madre di Dio sono indizi concordanti nel
suggerire che la chiesa sulla strada di Betlemme fu costruita sull'onda della devozione
mariana fiorita dopo il terzo Concilio ecumenico celebrato ad Efeso nel 431, che aveva
proclamato Maria Madre di Dio (Theotokos) e respinto la dottrina nestoriana.
Nestorio, vescovo di Costantinopoli, preoccupato che fosse preservata nella dottrina e
nella teologia l'integrale umanità di Gesù Cristo, si opponeva a definizioni ed
espressioni che potevano adombrare un assorbimento della natura umana di Cristo nella sua
natura divina. Nella contrapposizione polemica, Nestorio era giunto a rifiutare per Maria
il titolo di Madre di Dio, sostenendo che per la vergine di Nazareth si addiceva solo il
titolo di Madre di Cristo (Christotokos). Al Concilio di Efeso, contro Nestorio,
si ribadì che Maria in tutta verità è chiamata ed è realmente Madre di Dio (Theotokos).
Titolo il cui uso da parte dei fedeli era attestato già dal III secolo (vedi i due box a
p. 69 e a p. 71). Nel periodo seguente il Concilio, Sisto III costruì a Roma la Basilica
di Santa Maria Maggiore, e in tutto il mondo cristiano iniziarono a sorgere chiese
dedicate alla Theotokos. In Palestina, ovviamente, i cristiani, in questa
rinnovata devozione alla Vergine Maria, tornarono a guardare ai luoghi tradizionalmente
connessi con la sua maternità. E uno di questi era il Katisma.
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In
quegli anni iniziò anche il culto della casa di sant'Anna, presso il Getsemani, e lo
stesso vescovo Giovenale, intorno al 453 fece restaurare e dedicare al culto di Maria un
edificio che veniva indicato come quello della dormizione. Ma la prima chiesa
espressamente eretta in Palestina per onorare la Vergine risulta attualmente quella
scoperta dagli scavi archeologici del Katisma. Un'esaltazione della maternità
divina che invece di offuscare l'umanità di Cristo e di sua madre, la metteva in risalto,
facendo memoria della sosta di ristoro di Maria e Giuseppe, un umanissimo episodio di
stanchezza e ristoro in quella trama di vita quotidiana dentro cui aveva fatto irruzione
in carne e ossa il Mistero. Allo stesso modo, anche a Roma la Basilica di Santa Maria
Maggiore, dedicata alla Theotokos, a partire dal VII secolo avrebbe conservato
all'interno del suo oratorio le reliquie più importanti della nascita di Gesù: i legni
della culla che lo avevano accolto. Semplici oggetti usati da ogni mamma palestinese nella
cura del proprio neonato. Memorie visibili di quando il Figlio unigenito di Dio,
"rimanendo nella sua eternità, ha voluto incominciare ad esistere nel tempo"
(san Leone Magno).
Le
raccolte di testi mariani dei primi secoli, come quella curata dal melchita padre Georges
Gharib per i tipi di Città Nuova, propongono alcune omelie che Esichio di Gerusalemme,
sacerdote rinomato per i suoi commenti biblici, avrebbe tenuto al Katisma in
occasione della festa del 13 agosto. L'abile omileta, giocando anche sulle citazioni dei
salmi previsti dal lezionario, intesse tutta la predica di discrete allusioni alla fatica,
al bisogno di sosta e di riposo di Dio fatto uomo, che richiama a sua volta la sosta di
ristoro di Maria sulla strada di Betlemme: "Sorgi per rialzare i caduti, per
raddrizzare i traviati, per recuperare il tuo possesso, fino ad oggi tiranneggiato dal
nemico. "Sorgi, Signore, e vieni al tuo riposo" che hai stabilito sulla terra e
fissato in Betlemme: la grotta, la mangiatoia, le fasce. Nei cieli infatti non hai bisogno
di riposo: tu sei il riposo di tutta la creazione; ma sulla terra soggiaci per noi alle
debolezze della carne. Ma anche avendo fame, sei il pane della vita, e avendo sete, sei il
refrigerio degli assetati: sei fiume di incorruttibilità. E pur stancandoti a percorrere
la terra, incedi senza pena sui flutti del mare. "Sorgi, Signore, e vieni al tuo
riposo, tu e l'arca di tua santificazione": evidentemente la Vergine, la Madre di
Dio. Poiché se tu sei la perla, a buon diritto lei è l'arca. Se tu sei il sole,
necessariamente sarà nominata cielo la Vergine. Se tu sei il fiore incontaminato, la
Vergine allora sarà pianta di incorruzione, paradiso di immortalità".
Camminando dove
hanno camminato loro
Quando i cristiani cominciarono a percorrere la Palestina in
pellegrinaggio, venivano presi dalla stessa emozione che coglie anche i pellegrini di
oggi: camminare dove il Signore ha camminato, poter calpestare il terreno proprio lì dove
avevano lasciato le loro impronte lui e sua madre. Un versetto del salmo 131, che, come
accennato, veniva recitato nella festa del Katisma, nella versione latina dice:
"Adorabimus in loco ubi steterunt pedes eius". Il tratto di poche miglia tra
Gerusalemme e Betlemme divenne il circuito più battuto da tutti quelli che volevano far
memoria della notte della natività. Per questo anche il luogo del riposo di Maria
cominciò a essere registrato nelle guide e nei diari di viaggio dei pellegrini. Come
Maria, anche i pellegrini sostavano e godevano un respiro di sollievo e di cristiana
letizia al Katisma, a metà del cammino, e l'antico luogo del riposo divenne
anche una tradizionale stazione di sosta per il patriarca di Gerusalemme nelle sue
trasferte a Betlemme. Nel 530 Teodosio, nel suo De situ, espone una versione
popolare sul destino della pietra su cui la Madonna si sarebbe riposata. Protagonista è
il preposito Urbicio, noto personaggio della corte imperiale bizantina morto sotto
l'imperatore Anastasio (491-518). Racconta Teodosio: "C'è un luogo, al terzo miglio
della città di Gerusalemme. Mentre la santa Maria Madre del Signore andava a Betlemme
discese dall'asina e sedette sopra una pietra e la benedisse. Ma il preposito Urbicio fece
tagliare quella pietra e la fece squadrare alla maniera di un altare, volendola mandare a
Costantinopoli. Quando giunse alla porta di Santo Stefano, non la poté più muovere,
nonostante fosse condotta da un giogo di buoi. Quando videro che in nessun modo era
possibile farla avanzare la ricondussero indietro presso il sepolcro del Signore, dove di
quella pietra fu fatto un altare".
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Non
si sa esattamente fino a quando il santuario del Katisma continuò a essere
frequentato. I pellegrini del periodo arabo non lo ricordano più nei loro reportage. Per
trovare una fonte letteraria che spieghi la ragione di questa sparizione, occorre arrivare
al XII secolo, quando l'abate Daniele, durante i suoi viaggi in Palestina sulle tracce dei
luoghi descritti dai Vangeli canonici e da quelli apocrifi, accenna alla distruzione del
santuario per mano dei musulmani: "Si va al luogo dove la santa Vergine vide due
uomini, l'uno che rideva e l'altro che piangeva. Una chiesa e un monastero erano stati
costruiti su questo luogo e consacrati alla santa Vergine, ma attualmente sono distrutti a
causa degli infedeli". Nel 1347 i resti dovevano essere ancora ben visibili. Ne parla
nel suo Libro d'oltremare fra Nicolò da Poggibonsi, che però riporta una
tradizione medievale che collega il luogo del Katisma non più al riposo di
Maria, ma alla vicenda dei Magi, che proprio lì avrebbero rivisto di nuovo la stella che
avevano perso di vista entrando a Gerusalemme. Scrive fra Nicolò: "Di qui da Santo
Elia, verso Ierusalem una balestrata nel piano, fu fatta una chiesa, ma ora non c'è se
non l'ammattonato a modo di opera mosaica; che quando i Magi entrarono in Ierusalem, la
stella sparì loro e quando furono fuori, ella apparve loro in questo luogo, e condussegli
in Bettelem". Per questo, anche in tempi recenti, le guide di Terra Santa
identificavano il luogo del Bir-el Quadismu con il pozzo dei Magi, indicando ai pellegrini
un'antica cisterna lì collocata.
Ora che
il Katisma è stato riportato alla luce, l'Autorità israeliana per le antichità
ha dapprima convocato i giornalisti sull'area degli scavi, e subito dopo ha chiuso il
cantiere per mancanza di fondi. Un chiaro segnale mandato all'estero, ad eventuali
possibili partner disposti a finanziare la continuazione degli scavi, che potrebbero
portare alla luce i resti del monastero ancora interrati. Commenta l'archeologo
francescano Eugenio Alliata, della Custodia di Terra Santa: "C'è da augurarsi che
questo luogo, così importante per la memoria cristiana, non venga di nuovo cancellato
dalle politiche urbanistiche e dai conflitti di proprietà che travagliano da tempo questo
settore alla periferia di Gerusalemme".
Dichiarazione cristologica comune
tra Chiesa cattolica e Chiesa assira dell'Oriente