Sulla Giornata
missionaria
Per una
mia critica favorevole al film televisivo La Missione ho dovuto registrare alcune
significative riserve, contestandosi specificamente la validità di tre punti da me
ritenuti positivi:
1) la
scelta di un soggetto che mette in luce dinanzi al grande pubblico la realtà del mondo
missionario;
2)
l'invito a considerare tuttora gravemente aperto il problema tragico del Ruanda-Burundi,
su cui l'opinione pubblica si concentra per qualche momento quando i morti sono tanti,
girando subito dopo pagina con sconcertante disinvoltura;
3) le
confutazioni di una presunta valenza delle mine antiuomo, di cui circoli interessati
tentano di cancellare l'intrinseca perfidia sostenendo che servirebbero a frenare
invasioni nemiche di confini, mentre nel film se ne denuncia il drammatico impiego nel
corso della guerra civile.
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Alcune immagini
del film per la televisione La Missione, trasmesso a febbraio da Canale 5 |
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Ci
torno sopra per svolgere qualche considerazione che ritengo utile.
È
errato il supporre che tutti conoscano le dimensioni, la storia, i sacrifici dei
missionari. Posso portare come esempio emblematico un episodio che risale a quindici anni
fa o giù di lì. Un ministro (personalmente accademico di valore) che era andato in
Africa per ragioni del suo ufficio, venne a esprimermi il suo stupore per aver incontrato
in un lebbrosario un gruppo di giovani suore italiane, che erano da tempo lì, prestando
gioiosamente un servizio da un punto di vista umano tutt'altro che attraente. Quando gli
parlai della rete di congregazioni maschili e femminili che è presente in tutto il mondo,
con un imponente numero di scuole e di ospedali, accennando anche alla corona di martiri
che irrora fino ai nostri giorni questi stupendi campi di lavoro, reagì con un crescendo
impressionante di interesse e di meraviglia.
Pensai
di necessità all'ambito ristretto nel quale si svolge tutta la propaganda per la Giornata
missionaria, con annessi e connessi. Forse, mentre i mezzi di informazione si sono
vertiginosamente ampliati, sulle missioni vi erano più occasioni di richiamo mezzo secolo
fa che oggi. Ricordo io stesso che in tanti bar e altri locali pubblici vi erano piccoli
salvadanai con il negretto che muoveva la testa ringraziando chi versava il suo soldino.
C'è di
più. Esistono molte riviste missionarie, che sono tra l'altro una preziosa e tempestiva
miniera di notizie sulle situazioni globali dei popoli classificati in via di sviluppo
(come farebbero bene a leggerle anche le Cancellerie e i centri di orientamento!), ma le
tirature non sono alte e il giro di abbonati rientra, di norma, sempre in quella sfera che
- senza alcun significato politico - definiamo "nostra".
Per
connessione di materia esprimo - ora per allora - la mia personale riconoscenza per la
Lega missionaria studenti che negli anni del liceo mi introdusse nelle problematiche delle
terre di missione, dando anche a ciascuno di noi giovani il compito di approfondire aree
particolari e riferire nelle riunioni. Qualche anno dopo per capire quello che stava
accadendo nel Vietnam, mi fu di grande utilità la piccola relazione sull'Indocina da me
elaborata nel 1936. E che dire di una stupenda analisi delle missioni in India fatta nello
stesso periodo dal professor Enrico Medi al Congresso della Lega nel collegio di
Mondragone? Rileggendola vi si trovano tra l'altro previsioni esatte dei cambiamenti che
stavano maturando laggiù e che si sono puntualmente realizzati.
Per una mia critica favorevole al
film televisivo La Missione ho dovuto registrare alcune significative riserve,
contestandosi specificamente la validità di tre punti da me ritenuti positivi: 1) la
scelta di un soggetto che mette in luce dinanzi al grande pubblico la realtà del mondo
missionario;...
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Ben
vengano quindi documentari e film, che allargano la conoscenza sul mondo delle missioni.
Se poi Michele Placido non impersoni alla perfezione il "missionario tipo" e usi
anche qualche espressione non proprio sacerdotale mi sembra irrilevante. L'immagine
globale delle missioni, in due serate televisive - con un'ottima presentazione anche del
volontariato - è stata sicuramente positiva.
...2) l'invito a considerare
tuttora gravemente aperto il problema tragico del Ruanda-Burundi, su cui l'opinione
pubblica si concentra per qualche momento quando i morti sono tanti, girando subito dopo
pagina con sconcertante disinvoltura;...
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Giova
forse notare che la psicologia del missionario non coincide con quella di chi vive in un
Paese occidentale. La costosa impalcatura amministrativa degli aiuti statali allo sviluppo
è spesso oggetto di commenti molto duri. E si spiega. Alla periferia di Manila visitai un
giorno un quartiere dove i missionari, distribuendo piccole somme di danaro per acquistare
calce e mattoni, consentivano a tutte le famiglie di costruirsi abitazioni stabili e di
loro proprietà. Il padre salesiano che ci guidava disse che con i meccanismi pubblici si
sarebbe speso trenta volte tanto.
Non
mancano in articoli di missionari (ed anche in qualche libro di memorie, come quello
recente del padre Giovanni Tebaldi Africa: i giorni dell'esodo) accenti di amarezza e di
delusione per lo scarso o addirittura mancato conseguimento di uno sviluppo di popolazioni
che, finito il periodo coloniale, avrebbero persino visto inasprire le lacerazioni
tribali.
Sarebbe
tuttavia una lettura sbagliata quella di chi volesse derivarne un senso di rassegnazione o
di fallimento. Proprio nel testo ora citato del padre Tebaldi vi è una descrizione molto
impressionante dell'apporto delle scuole cattoliche alla rottura dell'invincibilità
dell'analfabetismo non solo grammaticale del continente nero.
...3) le confutazioni di una
presunta valenza delle mine antiuomo, di cui circoli interessati tentano di cancellare
l'intrinseca perfidia sostenendo che servirebbero a frenare invasioni nemiche di confini,
mentre nel film se ne denuncia il drammatico impiego nel corso della guerra civile
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Ma
è doveroso, accanto ai missionari, ricordare anche l'opera del clero locale (non uso
l'aggettivo indigeno perché suona male). In proposito mi è caro rammentare quanto
ascoltai dal primo ministro dello Zaire Adoula, che incontrai nella dolorosa occasione
dell'eccidio dei nostri aviatori a Kindu. Disse di amare profondamente la Chiesa cattolica
perché gli aveva dato fiducia sulla capacità intellettiva del popolo congolese. Mentre
il governo belga bloccava la frequenza scolastica alle medie inferiori, i suoi coetanei
entrati in seminario avevano proseguito negli studi, diventando sacerdoti ed anche
vescovi.
Ma c'è
un terreno in particolare nel quale missionari e i cattolici del posto hanno dato in
Africa e ovunque un forte contributo: la promozione sociale; provocando non di rado la
dura reazione dei beati possidenti. Nell'ultimo numero di Popoli - rivista dei gesuiti
italiani - ho letto un servizio importante sulla marcia per le strade di New Delhi di
cento giovani leader cattolici indiani al grido di "vogliamo sicurezza". E non
è che uno dei mille e mille esempi adducibili.
Dall'India
stessa e da non pochi altri Paesi già terra di missione, sacerdoti e religiose vengono
oggi a prestare la loro opera nelle "vecchie" nazioni occidentali, supplendo
alla scarsità di vocazioni. E non impropriamente si parla di evangelizzazione anche per i
nostri Paesi.